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La sostenibilità e l’attenzione all’ ambiente sono valori fondamentali per noi di Olitalia. Valori che ci spingono a impegnarci sempre di più per ridurre il nostro impatto sul pianeta e per promuovere una cultura ecosostenibile.

Con il progetto "Esausto ma pieno di vita!", aggiungiamo un nuovo tassello al nostro piano di sostenibilità intraprendendo un percorso di sensibilizzazione al corretto smaltimento degli oli vegetali esausti.

L’OLIO VEGETALE ESAUSTO NON SI FERMA, SI RIGENERA.

Raccogliere l’olio per destinarlo al riciclo consente non solo di ridurre l’inquinamento, ma anche di trasformare un rifiuto in una nuova risorsa, come biodiesel, sapone, asfalto e biogas. Fai la tua parte anche tu. Per un futuro buono, davvero.

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Rientrano nella categoria degli oli esausti tutti i grassi alimentari che usi in cucina per friggere o soffriggere e cioè l’olio extravergine di oliva o di semi, ma non solo.

Sono da considerare esausti anche:

• l’olio di conservazione dei cibi in scatola (tonno, sardine, condimenti vari);
• i grassi animali (burro, strutto, lardo);
• gli oli alimentari scaduti o deteriorati.

Se è vero che l’olio esausto è altamente inquinante, è altrettanto vero che, opportunamente raccolto e trattato, può diventare una risorsa molto preziosa.
Il primo passaggio avviene proprio in cucina. Infatti, quando si differenzia l’olio esausto dal resto dei rifiuti organici, si evitano gravi danni a terreni, falde acquifere, mare e corsi d’acqua.
Oltre al danno ambientale, la tua raccolta differenziata scongiura la beffa economica!
L’olio esausto versato nella rete fognaria danneggia le condutture e i depuratori gravando sui costi di gestione degli impianti, costretti a dotarsi di sistemi per separare la parte oleosa da quella acquosa.

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DOPO IL SUO CONSUMO IN CUCINA, L'OLIO ESAUSTO HA TANTE ALTRE VITE DAVANTI.
Arrivato alla fine del suo ciclo di vita in cucina, l'olio esausto, se riciclato correttamente, torna come una nuova risorsa utile sul mercato. La sostenibilità non si stanca mai di sorprenderci!

Questo circolo virtuoso non è altro che il viaggio di un piccolo germoglio che nasce e cresce su campi ben arati, giunge a maturazione, viene raccolto e, attraverso la magia dell’estrazione, si trasforma in olio dorato che sotto le tue mani dà enfasi e sapore a piatti prelibati. Dopo averlo usato e separato dal resto dei rifiuti, viene raccolto per ricavarne nuove risorse: vernici, inchiostri, saponi, candele ma soprattutto biodiesel. Il biocarburante così ottenuto alimenta di nuovo il trattore e nuovi germogli inizieranno un percorso circolare di sostenibilità, gusto e continua rigenerazione.
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RACCOGLIERE L’OLIO ESAUSTO È UN GESTO SOSTENIBILE CHE PROTEGGE L’AMBIENTE.
Il corretto recupero dell’olio esausto svolge un ruolo indispensabile per la tutela dell’ambiente. Disperderlo nel sottosuolo o nel mare, infatti, costituisce un grave danno al nostro ecosistema. Mettiamo in atto ogni giorno buone pratiche sostenibili.

L'olio esausto puo' essere trasformato in nuove risorse (come il biodiesel), se tutto quello prodotto nelle cucine italiane venisse rigenerato, si potrebbe importare una minore quantità di petrolio e risparmiare 75 mln di euro/anno.

Inoltre, grazie alla trasformazione dell'olio vegetale esausto in biodiesel possiamo evitare di immettere in atmosfera grandi quantità di CO2 e risparmiare molta acqua. Il biodiesel riduce l'utilizzo di combustibili fossili tradizionali. Questi, come ad esempio il diesel e il gas, utilizzano uan grande quantità di acqua ed energia per la produzione e il trasporto, aumentando così di gran lunga le emissioni di CO2.

L'olio vegetale esausto, protagonista di un circolo virtuoso

Il biodiesel è un biocarburante rinnovabile che riduce di circa il 40% le emissioni di CO2 rispetto al gasolio fossile. Ne esistono di diversi tipi. Quello ottenuto da scarti organici come grassi e oli vegetali esausti (sì, proprio quelli che differenzi tu!). E' il più ecologico di tutti.
Infatti, diversamente da altre tipologie di biocarburante, non deriva da coltivazioni ad hoc (soia, palma, cereali o colza) e quindi non entra in competizione con l'agricoltura alimentare. Questo biocarburante è detto di seconda generazione.
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